Home / Il mito di Volvo P1800

Il mito di Volvo P1800

La storia

Volvo P1800: uno dei modelli Volvo più amati di sempre è stata – ed è – non solo un’icona di stile ma anche una vera fuoriclasse dalla storia peculiare e unica. Progettata in Svezia, disegnata in Italia, presentata al Salone di Bruxelles, costruita in Gran Bretagna e consacrata al successo negli Stati Uniti, la 1800 si distingue persino per una paternità riconosciuta solo dopo tanti anni.

Design Italiano, matita svedese

Era il 1961 quando la Volvo P1800 pubblico entrava in produzione con una missione ben precisa: attirare l’attenzione verso le vetrine degli autosaloni che esponevano Volvo e incrementare il traffico di pubblico. Dato l’obiettivo, chiaro che il design era un elemento chiave per la riuscita. Per questo in fase di definizione del progetto venne allora commissionata in Italia la realizzazione di alcune proposte di stile. Contestualmente, accadde che Helmer Petterson, consulente di Volvo fortemente coinvolto nella progettazione della nuova auto, era riuscito a ottenere per il proprio figlio Pelle, fresco di diploma in industrial design, un posto di collaboratore presso lo studio di progettazione di Pietro Frua. Così, quando arrivò il momento di presentare le proposte al CdA di Volvo nel 1957, Helmer aggiunse ai quattro progetti ufficiali una quinta proposta realizzata dal figlio Pelle, che venne scelta all’unanimità. Il progetto piacque in particolare all’allora Presidente di Volvo, Gunnar Engellau, il quale era piuttosto contrario all’idea di un’automobile dal design italiano. Venne dunque premiato il progetto di un venticinquenne nativo di Göteborg che anni dopo avrebbe sfondato come progettista di barche e vinto medaglie olimpiche nell’ambito della nautica. Ma la verità sull’identità dell’autore della proposta stilistica selezionata venne a galla. Il collerico Engellau andò su tutte le furie pensando di essere stato raggirato e giurò che Pelle Petterson non sarebbe mai stato ufficialmente riconosciuto come il designer dell’auto. Di fatto passarono molti anni prima che a Pelle venisse attribuito il merito di aver disegnato una delle più belle coupé del mondo.

La nuova sportiva

Quando arrivò negli showroom, la nuova sportiva – è così che Volvo presentò il modello – aveva un tettuccio fisso, la carrozzeria in acciaio e molti componenti meccanici presi direttamente dalla Amazon, oltre a montare il nuovissimo motore B18 nella sua versione sportiva da 100 CV. I prototipi realizzati da Frua a Torino nel 1957-1958 sulla base della Amazon furono tre e queste vetture vennero utilizzate come modelli per la produzione di utensili per lo stampaggio o per iniziative stampa e servizi fotografici. Da notare che tutti e tre i prototipi sono sopravvissuti al trascorrere del tempo e circolano ancora su strada.

La produzione

Nel periodo del lancio della P1800, Volvo stava attraversando una fase di forte espansione e l’azienda si rese conto sin dall’inizio di non disporre internamente di capacità sufficiente per produrre il nuovo modello né per lo stampaggio dei pannelli della carrozzeria, né per la verniciatura o l’assemblaggio. Venne dunque presa la decisione di utilizzare due aziende britanniche per la realizzazione della vettura: la Pressed Steel per la produzione della carrozzeria e la Jensen Motors per la verniciatura e dell’assemblaggio delle auto. La produzione dunque iniziò, e con essa gli intoppi. Una serie di problemi riguardanti il personale, i metodi di lavoro, la qualità, i fornitori e la logistica, insieme a una riluttanza di fondo a gestire queste problematiche, indusse Volvo a riportare la produzione in Svezia non appena se ne presentò l’opportunità. Così, dalla primavera del 1963 dopo un primo lotto di 6.000 unità prodotto dalla Jensen, Volvo avviò la produzione della P1800 presso il proprio stabilimento di Lundby. Il trasferimento ‘in patria’ coincise inoltre con una modifica apportata al nome della vettura, prima nota come P1800S e successivamente, dal 1963, semplicemente come 1800S, laddove la lettera S stava a indicare Svezia.

Nel corso della lunga vita della coupé non sono stati apportati cambiamenti radicali alla linea esterna che ne ha decretato lo strepitoso successo, perdurato nel tempo. Solo nel ’71, due anni prima della fine della produzione del modello, alla coupé venne affiancata la variante shooting break. Denominata 1800 ES, aveva una linea del tetto che si estendeva verso il posteriore e una coda che richiamava quella di una giardinetta (come si diceva all’epoca), con un portellone e un grande lunotto. In pratica, una GT e una wagon combinate, il primo, vero esempio di sports wagon. La 1800ES attirò molta attenzione in virtù della sua originalità e non fece che aggiungere alla popolarità del modello e di Volvo.

Al di là delle cifre di vendita ottenute in 12 anni di produzione, la 1800 ha svolto un ruolo importante nell’affermazione di Volvo come costruttore di vetture di prestigio. La sua influenza continua ancora oggi come fonte d’ispirazione dell’attuale, affinato linguaggio di Design di Volvo. La linea della P1800 ha superato indenne l’evolversi di gusti e mode in virtù di un giusto equilibrio di caratteristiche che la rendono intramontabile, classica e sportiva al tempo stesso.

La fama

Bella e tecnicamente all’avanguardia (come testimoniano ad esempio l’acquisizione dei freni a disco sulle quattro ruote e l’iniezione elettronica), l’auto deve infatti a un fattore extra-automobilistico la sua fama planetaria, vale a dire il suo legame con The Saint, Il Santo, pseudonimo di Simon Templar, personaggio creato dall’autore Leslie Charteris negli anni ’20 che dai libri passò sullo schermo per essere finalmente immortalato dalla omonima serie televisiva prodotta dal 1962 al ’69 e distribuita in oltre 80 Paesi. Simon Templar ebbe per tutti i 118 episodi realizzati il volto di Roger Moore e proprio nelle mani dell’affascinante attore protagonista, a partire dall’episodio intitolato Una copia in diamanti, girato nel febbraio del ‘67, si impose all’attenzione del pubblico proprio una 1800 S bianca, che divenne – appunto – l’auto de Il Santo fino al termine della serie.

Perché un’auto svedese per un eroe gentleman e più che mai british impegnato nella lotta contro il crimine? In effetti, i produttori della serie TV, alla ricerca di un’auto sportiva dalla linea accattivante, chiesero inizialmente a Jaguar, che però rifiutò di fornire una vettura. Venne dunque interpellata Volvo per avere una P1800 e Volvo non si lasciò sfuggire l’occasione.

Ma la Volvo 1800S usata per girare le scene della serie TV era in effetti l’auto di proprietà di Sir Roger Moore. Prodotta nel novembre del ‘66 presso lo stabilimento Volvo di Torslanda, in Svezia, l’auto aveva carrozzeria color Bianco Ghiaccio, fari antinebbia e volante in legno. Internamente, erano stati inoltre montati un termometro e un ventilatore utilizzato per rinfrescare gli attori durante le riprese in studio. La targa londinese, NUV 648E, venne rilasciata il 20 gennaio 1967, ma sulla scena l’auto sfoggiò la celebre targa ST 1.

Roger Moore fu dunque il primo proprietario ufficiale di questa 1800 S assai speciale, che venne poi venduta all’attore Martin Benson, il famoso Martin Solo del film di James Bond Missione Goldfinger. Dopo altri passaggi di mano e una sapiente opera di restauro, l’auto è oggi di proprietà di Volvo Cars.